martedì 7 aprile 2009

TREMO




: sono fortunato, la mia è solo paura.

3:32. sono i primi indimenticabili numeri di una lunghissima sequenza di conteggi, stime, morti, secondi, palazzi, paesi, aiuti. La terra ha tremato e ha sconvolto migliaia di persone, anche milioni se si contano quelle che ora non fanno altro che guardare. Io mi ritrovo sempre a guardare. La natura ha distrutto: ci ha fatto scordare tutto il resto e ci ha riempito gli occhi di disperazione. Viene solo di piangere con rabbia e subito dopo hai voglia di fare. Nelle tragedie siamo una cosa sola, sappiamo diventare migliori; un po’ per vergogna della fortuna che abbiamo a non viverlo, un po’ perché capisci finalmente il valore di tante cose. Le forze a muoversi sono molte, per fortuna ce ne potrebbero essere il doppio il triplo, tutti almeno per un attimo abbiamo pensato di andare lì e rendere utile questa vita mai scontata e tanto preziosa. Ma poi si fa marcia indietro per non creare un problema e piuttosto pensiamo, promuoviamo opere future e ne parliamo con la gente che ci sta intorno. Negli occhi di tutti puoi vedere una scintilla: anche nella faccia sanguinante di uno dei tanti intervistati vedi il bagliore della vita che seppur shockata è lì e resiste. Mille storie, mille numeri ancora e ancora scosse e dopo quelle fatte di emozioni, alle 19:43 di due giorni dopo, sento la mia sedia che balla come un dondolo. Il sangue si gela e me ne vergogno. Pensi subito a quello che può essere accaduto laggiù, a centinaia di chilometri che la natura ha percorso in un attimo per svegliarci ancora, se mai fosse necessario. Ancora danni, ancora numeri. Persone che parlano, trasmissioni infinite, allora quasi di nascosto cambio canale e mi blocco su una balena. Sì, una megattera scura ed elegante che con il suo cucciolo balla in chissà quale mare del nord. In un sottofondo di silenzio e schizzi vedi la forza attutita del mare, il verde assurdo di sfondo, con la mente provi ad andare là e inciampi in un mondo che sta andando avanti. Mille zone, altre vite che solo distrattamente hanno avuto un pensiero per chi è stato sotto a quel cemento. Un mondo all’improvviso gigante che non mi ricordavo più, una vita grandiosa come quella balena e come la natura stessa che qualcuno ha appena definito perfida ma che ti dà tutto e ti può togliere tutto. E poi? Questa vetrina che stona in una via fantasma sembra appoggiata lì per caso; attorno è crollato tutto e l’offerta di quei jeans rimarrà immobile in mezzo a tanta gente che in pochi secondi ha perso tutto e deve guardare oltre a quel tutto che va ricostruito. Ma la grande speranza è che con la forza, il tempo e soprattutto la memoria di questi attimi interminabili, si tornerà a sentire il vociare della gente che camminerà ancora in questa via, magari in fretta, magari in un altro giorno della settimana di Pasqua.